IT EN DE

Lun-Ven 8.30-13/14.30-17.30 — +39 0521 379085

Disinfezione, sanificazione, detersione: significati, differenze e sinonimi

Il significato delle parole usate nel mondo della pulizia, spiegato in maniera chiara e approfondita

Approfondimenti | 04 maggio 2023

Disinfezione, sanificazione e detersione

Qual è il significato di “disinfezione”?

Cos’è la “sanificazione”? È più corretto parlare di “sanitizzazione”?

Igienizzazione” e “detersione” sono la stessa cosa?

Se anche tu, almeno una volta, ti sei posta/o una di queste domande e stai ancora cercando risposte che ti soddisfino, allora sappi che qui potrai trovare i chiarimenti che cerchi.

In questi ultimi anni si è parlato tanto di prodotti disinfettanti, igienizzanti o sanificanti. Come districarsi in questa giungla di definizioni e poter scegliere con tranquillità il trattamento o il prodotto più idoneo per una tua specifica esigenza?

È arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza!

Leggendo questo articolo acquisirai maggiore consapevolezza in materia e sarai in grado di capire se i prodotti e i servizi che ti verranno proposti in futuro saranno seri e affidabili oppure no.

Disinfezione e sterilizzazione

Partiamo dalla definizione di disinfezione che troviamo all’interno del Decreto Ministeriale n. 274 del 1997 “per la disciplina delle attività di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione, di derattizzazione e di sanificazione”, emanato dall’allora Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico):

 

“sono attività di disinfezione quelle che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni”.

 

Come si distruggono o inattivano i microrganismi in questione? Attraverso l’uso di prodotti disinfettanti, ossia prodotti caratterizzati da un’efficacia biocida nei confronti di batteri, virus e/o funghi.

Come sottolinea anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i prodotti che vantano un’azione disinfettante sono classificabili come presidi medico-chirurgici (PMC) o come biocidi, il che implica che essi siano posti in commercio solo dopo aver ottenuto una specifica autorizzazione da parte del Ministero della Salute o della Commissione Europea.

Prima di affrontare insieme la differenza tra un prodotto biocida e un PMC, vediamo il concetto di sterilizzazione.

Secondo la definizione della Food and Drug Administration (FDA), la sterilizzazione è un processo capace di distruggere tutte le forme vitali dei microrganismi, incluse le spore batteriche.

È proprio in riferimento all’uccisione delle spore che la sterilizzazione si differenzia dalla disinfezione.

La sterilizzazione è solitamente richiesta per tutti quegli oggetti che entrano in contatto con cute o mucose non integre, in relazione ad attività chirurgiche, diagnostiche o terapeutiche.

Si può parlare di sterilizzazione anche in ambito alimentare. Per approfondire questo argomento ti suggeriamo di leggere l’opuscolo “Linee guida per la corretta preparazione delle conserve alimentari in ambito domestico”, pubblicato dall’ISS in collaborazione con altri enti.

Come sottolinea anche Federchimica, per garantire l’igiene non occorre cercare un ambiente sterile – che fra l’altro è molto difficile da ottenere e, soprattutto, da mantenere. È bene ricordare che molti dei germi che si trovano negli ambienti sono “buoni”, risultando spesso anche utili! L’utilizzo dei disinfettanti, quindi, deve essere mirato: i microrganismi patogeni devono essere combattuti laddove esiste un reale rischio di contaminazione.

Chiarita la differenza tra disinfezione e sterilizzazione, vediamo ora più in dettaglio che differenza c’è tra biocida e presidio medico-chirurgico e perché un prodotto disinfettante può essere definito in uno dei due modi.

Prodotto biocida e presidio medico-chirurgico

Come abbiamo accennato poco fa, in Italia attualmente i prodotti che vantano un’azione disinfettante (battericida, fungicida, virucida o di altro tipo) volta a distruggere o rendere innocui i microrganismi ricadono sotto la normativa dei presidi medico-chirurgici (D.P.R. n. 392 del 6 ottobre 1998) oppure sotto la normativa dei biocidi (regolamento (UE) n. 528 del 22 maggio 2012). In entrambi i casi i prodotti devono essere autorizzati a livello nazionale o europeo prima della loro immissione in commercio, come già sottolineato in precedenza.

Come mai due normative differenti? La situazione è un po’ complessa da spiegare. Cercheremo di riassumerti in maniera chiara i concetti principali.

L’Unione europea anni fa ha ritenuto di dover sviluppare una legislazione che fosse in grado di regolamentare in maniera univoca tutti quei prodotti che rientravano nella classificazione di biocidi, ma che fino a quel momento erano sottoposti, laddove esistevano, a normative differenti in base al Paese in cui si volevano commercializzare. Venne quindi pubblicata la direttiva 98/8/CE, che fu in seguito sostituita dal regolamento (UE) n. 528/2012 (BPR – Biocidal Products Regulation), entrato in vigore il 1° settembre 2013.

In Italia era disciplinata già da tempo la produzione e immissione sul mercato di prodotti biocidi, denominati presidi medico-chirurgici (PMC).
Le prime evidenze si trovano nel Regio Decreto n. 1265 del 27 luglio 1934 (“Testo unico delle leggi sanitarie”). L’ultima norma emanata e ancora in vigore è il decreto del Presidente della Repubblica n. 392 del 6 ottobre 1998.

La norma europea del 2012 sostituirà completamente la legislazione italiana, ma ora ci troviamo in una fase di transizione in cui alcuni prodotti biocidi sono tuttora considerati PMC e devono essere prodotti da officine autorizzate dal Ministero della Salute, mentre tutti gli altri biocidi, rientranti già nel nuovo regolamento, possono essere prodotti senza l’obbligo dell’officina di produzione.

Quali sono i prodotti biocidi che seguono le normative in questione?
Lo vedremo a brevissimo.

Fin qui tutto chiaro? Ora le cose si faranno un poco più complicate, ma sono concetti molto importanti, quindi presta attenzione a quello che leggerai. Se pensi sia necessario fare una pausa, fermati qualche minuto, magari beviti un caffè e poi riprendiamo insieme il discorso.

 

Il regolamento europeo e le successive modifiche disciplinano, tra le altre cose, la creazione di un elenco di principi attivi biocidi approvati dall’Unione europea. L’approvazione dei principi attivi avviene attraverso regolamenti di esecuzione, in cui si esplicita per quali tipi di prodotto (Product Type – PT) vengono approvate le sostanze biocide.

Il regolamento BPR del 2012, infatti, determina 22 tipologie di prodotti biocidi (PT) definiti in base all’utilizzo e suddivisi in 4 gruppi:

  • Gruppo 1: disinfettanti e biocidi in generale (PT 1, 2, 3, 4 e 5)
  • Gruppo 2: preservanti (PT 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12 e 13)
  • Gruppo 3: controllo degli animali nocivi (PT 14, 15, 16, 17, 18, 19 e 20)
  • Gruppo 4: altri biocidi (PT 21 e 22).


Facciamo un esempio
per capire meglio gli ultimi concetti appena visti.

Il principio attivo “Y” viene approvato per i PT 2, 3 e 22. Cosa significa questo? Che quel principio attivo potrà essere usato solo per i prodotti biocidi che rientrano in quelle tre tipologie. Non si potranno, dunque, immettere ad esempio sul mercato prodotti biocidi PT 10 che contengono il principio “Y”.

Se si volesse utilizzare comunque quella specifica sostanza “Y”, l’unica l’opzione possibile sarebbe quella di realizzare un prodotto che non vanti azione biocida.

Come abbiamo già detto, ora ci troviamo in una fase di transizione poiché non esiste ancora un elenco definitivo dei principi attivi approvati. L’elenco dovrebbe essere completato entro il 31 dicembre 2024, come comunicato nel regolamento delegato (UE) n. 736/2013. 

A proposito di tipologie di prodotti

Quali rientrano nella normativa sui PMC (art. 1 del D.P.R. n. 392 del 6 ottobre 1998)?

  • disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide o battericide, che ora confluiscono in PT 1,2,3,4 e 5;
  • insetticidi per uso domestico e civile, che ora confluiscono in PT 18;
  • insettorepellenti, che ora confluiscono in PT 19;
  • topicidi e ratticidi ad uso domestico e civile, che ora confluiscono in PT 14.

 

Ti stiamo dando parecchie informazioni, lo sappiamo.

Proviamo a fare un piccolo riassunto delle varie situazioni che si possono prospettare se si decidesse di vendere un prodotto biocida oggi.

 

CASO 1

Un prodotto biocida contiene uno o più principi attivi approvati dall’UE per il PT di interesse -> il prodotto può essere immesso sul mercato come biocida a seguito di autorizzazione (secondo regolamento (UE) n. 528/2012)

 

CASO 2

Un prodotto biocida contiene uno o più principi attivi in fase di revisione per il PT di interesse -> a seconda del PT di interesse, il prodotto può essere immesso sul mercato in libera vendita o come PMC (quindi a seguito di autorizzazione, secondo D.P.R. n. 392 del 6 ottobre 1998)

 

CASO 3

Un prodotto biocida contiene uno o più principi attivi non approvati per il PT di interesse -> non è possibile vendere il prodotto. Se già esistente sul mercato, deve essere ritirato.

 

In Italia le aziende che producevano già prima dell’entrata in vigore del regolamento (UE) n. 528/2012 un PMC contenente un principio attivo approvato in seguito, devono presentare una domanda autorizzativa per chiedere la conversione da PMC a biocida (se il PT di interesse combacia ovviamente con il PT per cui è stato approvato il principio attivo).

Quindi oggi si può fare domanda di autorizzazione per immettere sul mercato un nuovo PMC solo se esso contiene principi attivi inclusi nel programma di revisione – dunque non ancora approvati, ma in fase di valutazione per le tipologie di prodotto definite dalla normativa PMC.

Il programma di revisione è presente nell'allegato II del regolamento delegato (UE) n. 1062/2014 (che ha abrogato e sostituito il regolamento (UE) n. 1451/2007).

Detersione e igienizzazione

Dopo esserci addentrati nel complesso mondo dei biocidi, vediamo insieme altri importanti concetti che ruotano attorno al mondo della pulizia.

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fornisce nel suo rapporto COVID-19 n. 25/2020 una definizione di detersione piuttosto chiara:

 

“consiste nella rimozione e nell’allontanamento dello sporco e dei microrganismi in esso presenti, con conseguente riduzione della carica microbica. Il risultato dell’azione di detersione dipende da alcuni fattori: azione meccanica (es. sfregamento), azione chimica (detergente), temperatura e durata dell’intervento. La detersione è un intervento obbligatorio prima di disinfezione e sterilizzazione, perché lo sporco è ricco di microrganismi che vi si moltiplicano attivamente ed è in grado di ridurre l’attività dei disinfettanti.”

 

È possibile, dunque, rimuovere lo sporco attraverso l’uso di detergenti, che esplicano un’azione chimica. Questa tipologia di prodotti è stata normata dal regolamento (CE) n. 648/2004, il quale definisce:

 

“detergente qualsiasi sostanza o preparato contenente saponi e/o altri tensioattivi destinato ad attività di lavaggio e pulizia. I detergenti possono essere in qualsiasi forma (liquido, polvere, pasta, barre, pani, pezzi e soggetti ottenuti a stampo ecc.) ed essere commercializzati e utilizzati a livello domestico, istituzionale o industriale”.

 

Come sottolinea l’ISS nel suo Rapporto COVID-19, n. 19/2020, i detergenti sono prodotti la cui “capacità di rimuovere lo sporco è dovuta alla presenza dei tensioattivi, sostanze in grado di indebolire le forze che legano tra loro due liquidi o un liquido e un solido e che rendono lo sporco resistente alla rimozione. La rimozione dello sporco mediante azione meccanica o fisica si può applicare anche a organismi potenzialmente nocivi e, nell’ambito di tale funzione, possono anche esplicare un’azione igienizzante”.

Quindi, ricapitolando…

Azione detergente = rimozione meccanica/fisica/chimica dello sporco

Azione igienizzante = rimozione meccanica/fisica dei microrganismi

Rimuovendo lo sporco, pertanto, si rimuove generalmente anche buona parte dei microrganismi in esso presenti. Proprio per questo motivo l’ISS identifica il termine “igienizzazione” come un sinonimo di detersione e sottolinea che il termine “igienizzante” è utilizzato per identificare un prodotto che ha come fine quello di rendere igienico, cioè di pulire eliminando le sostanze nocive, costituite in parte anche da microorganismi.

E la pulizia che cos’è?

Il regolamento europeo n. 648 del 2004 sui detergenti definisce pulizia:

 

“il processo mediante il quale un deposito indesiderato viene staccato da un substrato o dall’interno di un sostrato e portato in soluzione o dispersione”.

 

L’A.I.S.E. (International Association for Soaps, Detergents and Maintenanice Products) ha definito nel 2017 la pulizia come:

 

rimozione meccanica o chimica dello sporco dal corpo umano, da un oggetto o da un’area. Normalmente la pulizia con sapone o detersivo, seguita da un risciacquo con acqua, è adeguata per rimuovere lo sporco visibile e gli allergeni. Rimuovendo lo sporco il numero dei germi verrà considerevolmente ridotto”. (traduzione da The Hygiene Concept).

 

Hai notato che la definizione di detersione e quella di pulizia si somigliano molto? Questo perché pulizia è sinonimo di detersione.

Ricapitolando…

DETERSIONE = IGIENIZZAZIONE = PULIZIA

Torniamo a parlare di prodotti igienizzanti.

L’ISS afferma una cosa molto importante: “i prodotti che riportano in etichetta diciture, segni, pittogrammi, marchi e immagini che di fatto riconducono a qualsiasi tipo di attività igienizzante e di rimozione di germi e batteri, senza l’indicazione della specifica autorizzazione, non sono da considerarsi come prodotti con proprietà disinfettanti/biocidi, bensì sono prodotti detergenti (igienizzante per ambienti) o cosmetici (igienizzante per la cute) ed in quanto tali immessi in commercio come prodotti di libera vendita. Non avendo subito il processo di valutazione e autorizzazione dei PMC/Biocidi non possono vantare azione disinfettante”.


Ricordi quando prima abbiamo parlato di presidi medico-chirurgici e di prodotti biocidi? Abbiamo proprio cercato di spiegarti quali prodotti possono vantare azione disinfettante (quindi biocida) e quali no, secondo le normative vigenti.

L’Istituto Superiore di Sanità aggiunge anche che i detergenti possono comunque contenere le stesse sostanze utilizzate nei Presidi Medico Chirurgici o nei prodotti biocidi.

Dove sta, allora, la differenza?

Quei detergenti se non affrontano l’iter autorizzativo non possono vantare azione biocida/disinfettante.

Come puoi notare, poco fa è stata fatta una differenziazione tra igienizzanti per ambienti e igienizzanti per la cute, poiché i primi seguono il regolamento europeo sui detergenti (n. 648/2004), mentre i secondi seguono il regolamento europeo sui cosmetici (n. 1223/2009).

A questo punto dobbiamo soffermarci su un nuovo termine: cosmetico.

Cos’è un cosmetico? Il regolamento (CE) n. 1223/2009 definisce «prodotto cosmetico»:

 

“qualsiasi sostanza o miscela destinata ad essere applicata sulle superfici esterne del corpo umano (epidermide, sistema pilifero e capelli, unghie, labbra, organi genitali esterni) oppure sui denti e sulle mucose della bocca allo scopo esclusivamente o prevalentemente di pulirli, profumarli, modificarne l'aspetto, proteggerli, mantenerli in buono stato o correggere gli odori corporei”.

 

Per terminare l’argomento detersione, facciamo un riepilogo delle tipologie di prodotto e delle normative di riferimento:

  • Detergenti/igienizzanti per il corpo umano -> regolamento (CE) n. 1223/2009
  • Detergenti/igienizzanti per gli ambienti -> regolamento (CE) n. 648/2004
  • Prodotti disinfettanti per il corpo umano -> regolamento (UE) n. 528/2012 o P.R. n. 392 del 6 ottobre 1998
  • Prodotti disinfettanti per gli ambienti -> regolamento (UE) n. 528/2012 o P.R. n. 392 del 6 ottobre 1998

Sanificazione e sanitizzazione

I termini che abbiamo visto finora sono stati regolamentati in maniera piuttosto chiara. Vediamo adesso i concetti di sanificazione e sanitizzazione, che paiono alquanto più nebulosi.

Iniziamo con la definizione di sanificazione che troviamo all’interno del Decreto Ministeriale n. 274 del 1997, già citato all’inizio di quest’articolo:

 

“Sono attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l’attività di pulizia e/o disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l’umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l’illuminazione e il rumore”.

 

Quindi il termine “sanificazione” cosa significa? Andiamo a comprendere meglio la definizione data dal decreto.

Sanificare = rendere sano.

Come si rendono sani gli ambienti in cui viviamo, lavoriamo o passiamo il tempo libero? Attraverso una serie di attività che possono essere effettuate singolarmente o in sinergia (“e/o”, “ovvero”), a seconda del risultato che si vuole o si deve ottenere (NdR: il termine “ovvero” nella maggior parte dei documenti legislativi viene utilizzato con il significato di “oppure”).

Quali sono, dunque, le attività di sanificazione?

  • Pulizia
  • Disinfezione
  • Disinfestazione
  • Controllo e miglioramento di temperatura, umidità, ventilazione, illuminazione e rumore dell’ambiente

Potremmo quindi dire che il termine “sanificazione” detiene implicitamente l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone.

Se prendiamo in considerazione la definizione data dal decreto ministeriale che abbiamo visto poco fa, la sanificazione diventa, quindi, un concetto molto ampio e non può essere definita semplicemente come sinonimo di disinfezione.

Facciamo qualche esempio per capire meglio come si traduce la definizione data dal decreto.

 

Esempio 1: alla fine di una giornata in una sala fumatori l’aria si è fatta pesante; per sanificare quell’ambiente la prima cosa da fare è arieggiare la stanza. Meglio ancora se si prevede un sistema continuo di ricambio dell’aria, in modo da garantire una salubrità costante dell’ambiente.

 

Esempio 2: inizia l’estate e un giardino domestico è pieno di zanzare tigre, le quali possono causare malattie attraverso la trasmissione di virus. Per sanificare l’ambiente si devono prima di tutto adottare misure per evitare ristagni d’acqua anche temporanei e successivamente si deve valutare una disinfestazione, con trattamenti di tipo larvicida o adulticida, a seconda dei casi.

 

Esempio 3: un bar nell’arco di una giornata accoglie con continuità persone che si siedono ai tavoli; questa può essere considerata una situazione ad alto rischio di trasmissione di germi, soprattutto se le persone che si siedono al tavolo sono portatori di infezioni oppure sono soggetti vulnerabili. Per sanificare lo spazio, in questo caso è bene pulire e disinfettare le superfici con cui si viene a contatto, in maniera tale da ridurre il più possibile il pericolo di contaminazione.

 

E la sanitizzazione?

Il termine deriva dalla traduzione della parola inglese sanitisation che, nella lingua originale, significa “the act or process of making something completely clean and free from bacteria” (da Cambridge Dictionary), cioè l’atto o processo di rendere qualcosa completamente pulito e privo di batteri. Stiamo quindi parlando di azione disinfettante, come viene maggiormente evidenziato nella definizione di sanitize data dall’Oxford Dictionary: “to clean something completely using chemicals to remove bacteria” (“pulire completamente qualcosa usando sostanze chimiche per rimuovere batteri”).

 

Però…Ebbene sì, c’è un “però”!

 

Il Ministero della Salute in una nota del 20 febbraio 2019 puntualizza: “Tutti i prodotti che vantano in etichetta un’azione di disinfezione sono classificabili come prodotti biocidi - e sono posti in commercio solo dopo aver ottenuto una specifica autorizzazione alla commercializzazione da parte del Ministero della Salute o della Commissione Europea. Anche i prodotti che riportano l’indicazione del termine “sanitizzante/sanificante” si considerano rientranti nella definizione di prodotti biocidi e pertanto sono sottoposti al relativo regime autorizzativo.”.

Quindi, per il Ministero della Salute i prodotti che vengono definiti sanificanti o sanitizzanti si devono considerare prodotti biocidi (e quindi seguire l’iter di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo). Questo, però, entra un po’ in collisione con la definizione del 1997 che abbiamo visto prima.

La situazione creata dal COVID-19 rischia di creare ancora più confusione sull’utilizzo di questi termini, poiché il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità n.25/2020  utilizza il termine in riferimento a “prodotti contenti principi attivi in revisione come biocidi disinfettanti, che, non avendo completato l’iter di valutazione, non possono vantarne l’efficacia disinfettante”.

Quindi, a quanto scrive l’ISS, le aziende che creano nuovi prodotti disinfettanti contenti principi attivi in revisione e che fanno domanda per immetterli sul mercato italiano, ma che non hanno ancora terminato l’iter, possono definire i prodotti come “sanitizzanti” anziché “disinfettanti”.

Questa delucidazione dell’ISS, purtroppo, entra in conflitto con quella fornita dal Ministero della Salute l’anno precedente.

Sempre l’ISS, nello stesso documento, utilizza il termine “sanitizzante” anche in riferimento a prodotti che contengono un principio attivo biocida in fase di revisione, ma che non possono essere classificati come PMC/disinfettante perché non è possibile identificare un’officina di produzione: è questo il caso dei prodotti creati in situ, cioè sul luogo (ad es. ozono).

Quindi, ricapitolando quanto è stato pubblicato finora sull’argomento dalle istituzioni italiane, potremmo dire che:

  • La sanificazione è il complesso di attività che hanno lo scopo di rendere sano un ambiente, attraverso azioni singole o congiunte di pulizia, disinfezione, disinfestazione, controllo, miglioramento di temperatura, umidità, ventilazione, illuminazione e rumore dell’ambiente.

Ma…

  • Un prodotto definito sanificante è considerato un prodotto biocida.
  • Un prodotto definito sanitizzante è considerato un prodotto biocida.

Ma…

  • Un prodotto può essere definito sanitizzante se contiene uno o più principi attivi biocidi in fase di revisione, ma non ha terminato l’iter di valutazione come PMC.

E/O

  • Un prodotto può essere definito sanitizzante se contiene un principio attivo biocida in fase di revisione, ma che non può essere classificato come presidio medico-chirurgico/disinfettante poiché non è possibile identificare un’officina di produzione (è il caso dei prodotti creati in situ).

Per finire…

Con questo articolo abbiamo cercato di chiarirti il significato e l’uso di certi termini che riguardano il mondo della pulizia.

Se qualcosa non ti è chiaro o vuoi darci semplicemente la tua opinione, puoi scriverci compilando il form di contatto.

Grazie per aver dedicato una parte del tuo tempo alla lettura di questo articolo!

I nostri prodotti ti hanno convinto?
Acquista online.

Convenienza e assistenza sempre garantita

Consegna entro 10 giorni lavorativi

14 giorni di reso garantito

Promozioni personalizzate

Spedizione gratuita da 59€ (per clienti privati)

Unisciti alla nostra community di professionisti!
Ricevi in anteprima gli approfondimenti e le nostre promozioni

HDG Group

Viale Grazia Cavanna, 3 (ex viale G. Verdi) - Località SISSA
43018 | SISSA TRECASALI (PR) ITALIA

Hai bisogno di supporto?
Servizio clienti 5 giorni su 7 – 8.30 - 13.00 | 14.30 - 17.30

+39 0521 379085
shop@hdg.it