Il teak fu inizialmente utilizzato per le
costruzioni navali, sia per il fasciame che per le pavimentazioni dei ponti. Considerate le particolari caratteristiche di questo legno, esso è stato in seguito utilizzato anche per
infissi,
arredi da giardino,
mobili,
pavimenti,
bordi piscina e
strutture esposte all’esterno.
Il
miglior teak da utilizzare per lavori strutturali o di falegnameria è quello birmano, mentre da un punto di vista estetico il teak migliore risulta essere quello indiano.
L’impiego di questo legno è andato aumentando nel corso degli ultimi decenni ma la
disponibilità, soprattutto del teak asiatico,
sta diminuendo sempre di più e proprio per questo motivo il suo
costo è ormai piuttosto
elevato. Secondo uno
studio condotto dalla FAO nel 2010, l’area delle foreste di teak naturale si è ridotta di 385.000 ettari (l’1,3%) tra il 1992 e il 2010.
A causa di campagne di
disboscamento selvaggio, nel 1989 in Thailandia venne imposto il divieto di taglio delle foreste naturali e il teak thailandese (conosciuto a livello commerciale come “Teak Siam”) oggi non viene più esportato in tronchi e tavole, ma soltanto sotto forma di manufatti. Anche il “
Teak Burma” (proveniente dal Myanmar) si sta esaurendo, nonostante la politica ambientale di questo stato sia stata differente da quella thailandese. La crescita naturale di questi alberi non va di pari passo con la richiesta commerciale: per poter ricavare dal teak il tavolame per l’industria navale la pianta deve crescere per circa 60-70 anni. Così, per rispondere alle crescenti richieste del mercato, negli ultimi anni è stato creato anche il
teak artificiale.
Come abbiamo già detto, il teak viene
coltivato anche in alcune zone africane e sudamericane, ma l’albero cresce generalmente più stretto, più basso e presenta un ridotto contenuto di resina oleosa: ciò comporta una minore impermeabilità, resistenza e durabilità del legno. La sua
qualità si può, quindi,
abbassare e in presenza di teak di seconda o terza scelta (che può contenere anche i
nodi) diventa necessario valutare dei trattamenti protettivi.
Attenzione a non confondere il teak coltivato in Africa con l’iroko, una pianta di origine africana che viene talvolta chiamata impropriamente “teak africano”!