Hai mai sentito parlare di COV o VOC (ebbene sì, sono la stessa cosa!)? Lo sapevi che molti dei prodotti e materiali che abbiamo nelle nostre case emettono composti organici volatili? Cosa può comportare questo?
Non preoccuparti, in quest’articolo troverai le risposte ai tuoi dubbi.
Negli ultimi decenni è aumentata sempre di più l’attenzione nei confronti dell’inquinamento atmosferico e molto si è fatto in merito al controllo delle emissioni e alla riduzione o eliminazione di componenti inquinanti. Sebbene ci si preoccupi molto dell’inquinamento outdoor, è altrettanto importante considerare quello indoor!
Leggi l’articolo per scoprire cosa sono effettivamente i VOC, quali pericolosità hanno, come scegliere i prodotti migliori e cercare di ridurre le emissioni negli ambienti lavorativi e domestici, perché con qualche piccola attenzione in più possiamo fare tanto per la nostra salute e per l’ambiente!
VOC e COV sono la stessa cosa? Assolutamente sì! COV è l’acronimo di Composti Organici Volatili, ma se si utilizza la lingua inglese allora si parla di VOC, cioè Volatile Organic Compounds.
Ora facciamo un passo indietro e vediamo innanzitutto la definizione di composto organico. L’articolo 268 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (“Norme in materia ambientale”) ce ne fornisce una. Composto organico è qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio (C) e uno o più tra gli elementi idrogeno (H), ossigeno (O), fluoro (F), cloro (Cl), bromo (Br), iodio (I), zolfo (S), fosforo (P), silicio (Si) o azoto (N), ad eccezione degli ossidi di carbonio (ad esempio CO2) e dei carbonati e bicarbonati inorganici.
Lo stesso decreto fornisce anche la definizione di composto organico volatile: qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K (cioè a 20 °C) una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso.
“Pressione di vapore? Volatilità? Ok, ma io non so nulla di queste cose!” penserai. In realtà questi sono termini scientifici che descrivono fenomeni fisici piuttosto semplici. I due termini definiscono l’attitudine di sostanze solide o liquide a passare allo stato di vapore (nel primo caso si parla di sublimazione, nel secondo di evaporazione).
La direttiva europea 2004/42 definisce invece un VOC come “qualsiasi composto organico avente un punto di ebollizione iniziale pari o inferiore a 250 °C, misurato ad una pressione standard di 101,3 kPa”.
A questa si aggiunge una suddivisione ulteriore fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale ha individuato quattro classi:
Le definizioni di VOC presenti nelle due normative citate sopra si riferiscono a due proprietà fisiche differenti: la prima si basa sulla pressione di vapore (chiamata anche tensione di vapore) ed è correlata all’evaporazione, la seconda si basa sul punto di ebollizione. Qual è la differenza? Sia l’ebollizione che l’evaporazione sono cambiamenti di fase in cui le sostanze passano dallo stato liquido a quello gassoso (vaporizzazione), ma mentre con l’evaporazione viene coinvolta solamente la superficie di un liquido, con l’ebollizione è coinvolto l’intero volume. Ne deriva che alcuni composti possono essere considerati VOC sulla base di un criterio ma non dell’altro, anche se è bene chiarire che la maggior parte dei composti organici volatili soddisfa entrambe le condizioni.
La recente direttiva europea n. 2284 del 2016 ha introdotto la definizione di composti organici volatili non metanici (COVNM), intesi come “tutti i composti organici, diversi dal metano, che possono produrre ossidanti fotochimici per reazione con gli ossidi di azoto in presenza di radiazioni solari”. Questa definizione - che ha ripreso e modificato quella presente nella direttiva precedente 2001/81/CE - prende in considerazione il fatto che i VOC possono produrre, attraverso reazioni chimiche catalizzate dalla radiazione solare, il così detto smog fotochimico, cioè l’insieme di composti inquinanti presenti nell’aria.
Per riassumere i concetti visti precedentemente, possiamo dire che i composti organici volatili sono una classe che comprende composti chimici differenti, caratterizzati da una facile vaporizzazione a temperatura ambiente e in grado di reagire nella troposfera dando vita a composti inquinanti. Ne fanno parte gli idrocarburi alifatici (ad es. butano, n-esano) e aromatici (ad es. benzene, toluene), gli alogenoderivati (ad es. diclorometano), le aldeidi (ad es. formaldeide), i chetoni (ad es. acetone), gli alcoli (ad es. etanolo, butanolo), gli esteri (ad es. acetato di etile) e altri composti (ad es. acido acetico, acrilammide, nicotina, acetonitrile).
I VOC possono essere suddivisi in due categorie in base alla loro origine. Si parla quindi di:
Esistono poi composti biogenici che vengono estrapolati e utilizzati nella realizzazione di prodotti, diventando quindi antropogenici.
I VOC possono provenire dalle emissioni di veicoli o di industrie (sorgenti outdoor), ma anche da molti prodotti e materiali presenti o utilizzati in edifici pubblici e privati (sorgenti indoor). I composti organici volatili possono infatti derivare da materiali da costruzione - ad esempio pitture, vernici, colle, tappezzerie - oppure da prodotti per la pulizia, deodoranti, pesticidi, cosmetici, disinfettanti, fumo di sigaretta e apparecchi per il riscaldamento.
Vediamo nel dettaglio alcuni composti:
Ormai siamo soliti usare la parola outdoor per definire l’ambiente esterno, mentre con il termine indoor intendiamo tutti quegli ambienti non industriali che sono adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto, includendo quindi in questa definizione gli uffici pubblici e privati, le strutture comunitarie (scuole, ospedali, banche, alberghi, ecc.) e quelle destinate ad attività sociali (ristoranti, strutture sportive, cinema, ecc.), i mezzi di trasporto pubblici e privati e, ovviamente, le nostre case.
Numerose indagini sugli stili di vita delle persone hanno attestato che la maggior parte del tempo viene passato in ambienti confinati. Se 20 anni fa la popolazione passava in media solo il 10-12% del tempo all’aperto, ora arriva a passarne anche solo il 5-6%. Inoltre vari studi hanno dimostrato che gli inquinanti presenti nell’aria esterna sono gli stessi presenti in quella interna, ma che la concentrazione di questi ultimi è spesso superiore: dunque siamo maggiormente esposti alle emissioni indoor rispetto a quelle outdoor.
Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, i VOC possono essere immessi nell’ambiente esterno e interno. Le maggiori fonti esterne sono sia di origine antropogenica sia biogenica, come ad esempio alcuni composti emessi dalle piante (soprattutto isoprene, monoterpeni e altri terpenoidi), i composti derivanti dalla decomposizione biologica della materia organica o il metano derivante dalla fermentazione che può avvenire nelle concimaie o nelle discariche. Le fonti esterne di origine antropogenica sono dovute ai gas di scarico dei veicoli, alle emissioni di solventi ad uso industriale e, in forma minore, ai fumi di combustioni di centrali termiche.
Le principali fonti interne di VOC sono di origine antropogenica e provengono dai prodotti per la pulizia, dai materiali da costruzione, dagli arredi, dai cosmetici, dai deodoranti, dagli insetticidi, dai dispositivi di riscaldamento, dal fumo di sigaretta, da stampanti e fotocopiatrici, da colle, vernici, adesivi e solventi vari.
Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sulle “Strategie di monitoraggio dei composti organici volatili in ambiente indoor” spiega che è possibile fare una distinzione delle sorgenti di VOC in funzione degli andamenti nel tempo dei livelli di emissione. Generalmente le emissioni di VOC si possono distinguere in continue o intermittenti. A loro volta le prime possono essere suddivise in costanti o irregolari, mentre le seconde in ricorrenti o occasionali.
Le sorgenti continue e costanti sono quelle che generano emissioni uniformi nel tempo, come ad esempio il linoleum, il sughero, le finiture in legno oppure gli arredi che emettono formaldeide (l’emissione può durare anche alcuni anni). Le sorgenti continue ma irregolari sono invece quelle che producono emissioni che diminuiscono nel tempo: ne sono un esempio le vernici, le colle e gli smalti.
Un classico esempio di sorgente intermittente ricorrente è dato dalla cottura dei cibi, mentre i profumatori d’ambiente sono riconducibili ad una sorgente intermittente occasionale.
I VOC che sono immessi nell’ambiente, sia esso interno o esterno, possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo.
Negli ultimi decenni è aumentata sempre più l’attenzione nei confronti dell’inquinamento atmosferico e molto si è fatto in merito al controllo delle emissioni, alla riduzione o eliminazione di componenti inquinanti e all’individuazione di concentrazioni massime consentite per diverse categorie di composti. Sebbene ci si preoccupi molto dell’inquinamento outdoor, come abbiamo visto è altrettanto importante considerare quello indoor, poiché può essere responsabile dell’insorgenza di patologie o dell’aggravamento di patologie già esistenti.
L’entità dell’esposizione ai composti organici volatili negli ambienti indoor cambia in base a vari fattori:
Diversi studi hanno mostrato come i VOC in indoor, in presenza di fonti emissive interne e di ridotti ricircoli dell’aria, possono essere presenti in quantità addirittura 10 o 20 volte maggiori rispetto a quelli rilevati nell’ambiente esterno.
I VOC possono provocare due tipologie di tossicità:
È bene ricordare che non tutti i composti organici volatili presentano pericolosità specifiche per l’uomo: ne sono un esempio il metano o il propano. Altri invece sono stati addirittura classificati dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeni: fra questi si annoverano la formaldeide e il benzene.
Nell’appendice B del rapporto dell’ISS sulle “Strategie di monitoraggio dei composti organici volatili in ambiente indoor” è possibile visionare l’elenco dei principali VOC che possono essere presenti negli ambienti interni e i relativi numeri CAS, specifici per ogni sostanza. È possibile andare sul sito dell’ECHA (European Chemicals Agency) e inserire i numeri CAS per verificare le pericolosità specifiche dei singoli composti.
Fino ad oggi sono stati condotti numerosi studi riguardanti gli effetti sulla salute in base all’esposizione alle singole sostanze chimiche, mentre sono in numero minore quelli svolti sui prodotti chimici combinati.
In tal senso la direttiva europea n. 42/2004 risulta importante perché impone una valutazione dei VOC complessivi emessi da pitture, prodotti vernicianti e per carrozzeria.
Negli anni sono uscite diverse normative, sia europee che italiane, in merito all’emissione di VOC. Tra le più importanti vi sono sicuramente:
Molti dei COV che abbiamo citato all’inizio di questo articolo presentano pericolosità specifiche, sia nei confronti dell’uomo che dell’ambiente. Se per taluni si è arrivati addirittura a vietarne l’uso in diversi ambiti, per tutta la categoria di composti organici volatili da anni si legifera in modo tale da limitarne le emissioni, come abbiamo visto nel precedente paragrafo “Normative sui VOC”.
Oltre ai limiti fissati per le emissioni complessive di VOC (escluso il metano) definite nel D.Lgs n. 81/2018, esistono, come abbiamo già visto, dei limiti precisi anche per le emissioni di pitture, vernici e prodotti da carrozzeria.
Secondo l’allegato I della direttiva 2004/42/CE, per pitture e vernici si intendono “i rivestimenti applicati a scopo decorativo, funzionale e protettivo su manufatti edilizi e rispettive finiture e impianti e strutture connesse”. Esse vengono suddivise in:
L’articolo 4, sia della direttiva europea sia del decreto italiano, definisce l’etichettatura di queste tipologie di prodotti. Dunque essi possono essere immessi sul mercato solo se vengono indicati in etichetta:
La normativa delinea sia i valori limite per le varie categorie, facendo una distinzione tra i prodotti base acqua e base solvente (allegato II), sia i metodi analitici di calcolo dei COV (allegato III): ISO 11890-1, ISO 11890-2 o ASTMD 2369 nel caso in cui siano presenti diluenti reattivi nel prodotto.
In merito ai metodi analitici, ci sta a cuore sottolineare che è impossibile ottenere un’analisi che presenti un valore di VOC uguale a zero. Dunque devi diffidare di quei prodotti che presentano la dicitura “VOC zero” o “VOC free”, perché è un dato non veritiero e fuorviante. A riprova di ciò basterebbe richiedere il certificato di analisi dei VOC che attesti questo dato.
I risultati delle analisi svolte sui nostri prodotti sono visibili e scaricabili nelle singole schede prodotto.
Spesso i decreti vengono modificati nel corso degli anni e così è stato anche per il D.Lgs 161/2006 (che ha recepito la direttiva europea), il quale nel 2008 ha subito alcune piccole modifiche (D.Lgs n. 33/2008), tra le quali la sostituzione della definizione “impregnanti non filmogeni per legno” con “impregnanti per legno che formano una pellicola di spessore minimo”.
Noi possiamo fare qualcosa per ridurre le emissioni di VOC? Ovviamente si!
Possiamo agire su più fronti, a partire dall’utilizzo dei mezzi di trasporto. Ovviamente la bicicletta è il veicolo più ecologico, ma se si decide di usare un veicolo a motore è bene ricordare che il rilascio di idrocarburi nell’atmosfera è correlato alle caratteristiche del combustibile stesso. Se il metano brucia in maniera solitamente completa, andando verso miscele via via più dense (GPL > benzina > gasolio) aumenta proporzionalmente la probabilità di rilascio in atmosfera di idrocarburi incombusti e altri composti.
Come viene indicato anche in un opuscolo del Ministero della Salute dedicato ai composti organici volatili, le attività volte alla riduzione dei VOC negli ambienti interni possono essere numerose:
Insomma, con qualche piccola attenzione in più possiamo fare tanto per la nostra salute, quella dei nostri amici animali e per l’ambiente!
Speriamo con quest’articolo di aver chiarito i tuoi dubbi e averti dato degli spunti di riflessione. Se hai altre domande e curiosità non esitare a scriverci!
Per approfondimenti:
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