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VOC (o COV): tutto quello che bisogna sapere

Cosa sono, emissioni in ambiente, effetti sull’uomo, limiti e normative

Approfondimenti | 08 novembre 2019

Hai mai sentito parlare di COV o VOC (ebbene sì, sono la stessa cosa!)? Lo sapevi che molti dei prodotti e materiali che abbiamo nelle nostre case emettono composti organici volatili? Cosa può comportare questo?
Non preoccuparti, in quest’articolo troverai le risposte ai tuoi dubbi.

Negli ultimi decenni è aumentata sempre di più l’attenzione nei confronti dell’inquinamento atmosferico e molto si è fatto in merito al controllo delle emissioni e alla riduzione o eliminazione di componenti inquinanti. Sebbene ci si preoccupi molto dell’inquinamento outdoor, è altrettanto importante considerare quello indoor!

Leggi l’articolo per scoprire cosa sono effettivamente i VOC, quali pericolosità hanno, come scegliere i prodotti migliori e cercare di ridurre le emissioni negli ambienti lavorativi e domestici, perché con qualche piccola attenzione in più possiamo fare tanto per la nostra salute e per l’ambiente!

VOC/COV: cosa sono?

VOC e COV sono la stessa cosa? Assolutamente sì! COV è l’acronimo di Composti Organici Volatili, ma se si utilizza la lingua inglese allora si parla di VOC, cioè Volatile Organic Compounds.

Ora facciamo un passo indietro e vediamo innanzitutto la definizione di composto organico. L’articolo 268 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (“Norme in materia ambientale”) ce ne fornisce una. Composto organico è qualsiasi composto contenente almeno l'elemento carbonio (C) e uno o più tra gli elementi idrogeno (H), ossigeno (O), fluoro (F), cloro (Cl), bromo (Br), iodio (I), zolfo (S), fosforo (P), silicio (Si) o azoto (N), ad eccezione degli ossidi di carbonio (ad esempio CO2) e dei carbonati e bicarbonati inorganici.

 

Tavola periodica degli elementi

Lo stesso decreto fornisce anche la definizione di composto organico volatile: qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K (cioè a 20 °C) una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso.

 

Pressione di vapore? Volatilità? Ok, ma io non so nulla di queste cose!” penserai. In realtà questi sono termini scientifici che descrivono fenomeni fisici piuttosto semplici. I due termini definiscono l’attitudine di sostanze solide o liquide a passare allo stato di vapore (nel primo caso si parla di sublimazione, nel secondo di evaporazione).

 

La direttiva europea 2004/42 definisce invece un VOC come “qualsiasi composto organico avente un punto di ebollizione iniziale pari o inferiore a 250 °C, misurato ad una pressione standard di 101,3 kPa”.

A questa si aggiunge una suddivisione ulteriore fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale ha individuato quattro classi:

  • composti organici molto volatili (VVOC) che hanno un punto di ebollizione da < 0 a 50-100 °C;
  • composti organici volatili (VOC) che hanno un punto di ebollizione da 50-100 a 240-260 °C;
  • composti organici semivolatili (SVOC) che hanno un punto di ebollizione da 240-260 a 380-400 °C;
  • composti organici associati a materiale particolato (POM) che hanno un punto di ebollizione superiore a 380 °C.

 

Le definizioni di VOC presenti nelle due normative citate sopra si riferiscono a due proprietà fisiche differenti: la prima si basa sulla pressione di vapore (chiamata anche tensione di vapore) ed è correlata all’evaporazione, la seconda si basa sul punto di ebollizione. Qual è la differenza? Sia l’ebollizione che l’evaporazione sono cambiamenti di fase in cui le sostanze passano dallo stato liquido a quello gassoso (vaporizzazione), ma mentre con l’evaporazione viene coinvolta solamente la superficie di un liquido, con l’ebollizione è coinvolto l’intero volume. Ne deriva che alcuni composti possono essere considerati VOC sulla base di un criterio ma non dell’altro, anche se è bene chiarire che la maggior parte dei composti organici volatili soddisfa entrambe le condizioni.

La recente direttiva europea n. 2284 del 2016 ha introdotto la definizione di composti organici volatili non metanici (COVNM), intesi come “tutti i composti organici, diversi dal metano, che possono produrre ossidanti fotochimici per reazione con gli ossidi di azoto in presenza di radiazioni solari”. Questa definizione - che ha ripreso e modificato quella presente nella direttiva precedente 2001/81/CE - prende in considerazione il fatto che i VOC possono produrre, attraverso reazioni chimiche catalizzate dalla radiazione solare, il così detto smog fotochimico, cioè l’insieme di composti inquinanti presenti nell’aria.

Per riassumere i concetti visti precedentemente, possiamo dire che i composti organici volatili sono una classe che comprende composti chimici differenti, caratterizzati da una facile vaporizzazione a temperatura ambiente e in grado di reagire nella troposfera dando vita a composti inquinanti. Ne fanno parte gli idrocarburi alifatici (ad es. butano, n-esano) e aromatici (ad es. benzene, toluene), gli alogenoderivati (ad es. diclorometano), le aldeidi (ad es. formaldeide), i chetoni (ad es. acetone), gli alcoli (ad es. etanolo, butanolo), gli esteri (ad es. acetato di etile) e altri composti (ad es. acido acetico, acrilammide, nicotina, acetonitrile).


Fumo sigaretta

I principali composti organici volatili

I VOC possono essere suddivisi in due categorie in base alla loro origine. Si parla quindi di:

  • VOC biogenici, se i composti sono emessi in natura (ad es. i terpeni);
  • VOC antropogenici, se i composti sono emessi da attività umane (ad es. solventi derivati dal petrolio).


Esistono poi composti biogenici che vengono estrapolati e utilizzati nella realizzazione di prodotti, diventando quindi antropogenici.

I VOC possono provenire dalle emissioni di veicoli o di industrie (sorgenti outdoor), ma anche da molti prodotti e materiali presenti o utilizzati in edifici pubblici e privati (sorgenti indoor). I composti organici volatili possono infatti derivare da materiali da costruzione - ad esempio pitture, vernici, colle, tappezzerie - oppure da prodotti per la pulizia, deodoranti, pesticidi, cosmetici, disinfettanti, fumo di sigaretta e apparecchi per il riscaldamento.

Vediamo nel dettaglio alcuni composti:

 

  • gli idrocarburi alifatici si possono trovare nei combustibili, nei profumi, nei propellenti, nei refrigeranti, nelle vernici o negli insetticidi. Il propano, ad esempio, è usato come combustibile, come refrigerante, come solvente e come propellente; il butano viene utilizzato come carburante, come combustibile, come refrigerante e come reagente; l’esano è impiegato come carburante e come solvente; il limonene è usato come profumatore, solvente e insetticida;
  • gli alogenoderivati si possono trovare nei pesticidi, negli sgrassatori e nei refrigeranti. Il cloroformio, ad esempio, viene utilizzato come solvente, refrigerante o colla; il diclorometano è usato come solvente; i CFC (clorofluorocarburi) venivano utilizzati soprattutto come refrigeranti; il pentaclorofenolo (PCP) è impiegato come insetticida, antivegetativo e conservante; il tetracloroetilene si utilizza nei lavaggi a secco e come solvente sgrassatore;
  • gli idrocarburi aromatici si possono trovare in vernici e pitture, nelle colle, nei detergenti, nei carburanti. Il benzene è stato ampiamente utilizzato nei carburanti, nei lubrificanti, nelle vernici, nei detergenti e per realizzare altri prodotti chimici, ma si può trovare anche nel fumo di tabacco; il toluene è impiegato nei carburanti e come solvente e reagente; lo xilene si utilizza come solvente, diluente e detergente;
  • gli alcoli si possono trovare nei detergenti, nei disinfettanti, nelle vernici, nei cosmetici e negli adesivi. L’etanolo, oltre ad essere presente nelle bevande alcoliche, nei profumi e nei disinfettanti, è usato come solvente e combustibile; il metanolo viene impiegato come solvente, come combustibile e come reagente in processi chimici industriali;
  • le aldeidi si possono trovare nelle resine, nei disinfettanti, nei biocidi e negli arredi. La formaldeide è impiegata come disinfettante, battericida, conservante, reagente, collante sia di pannelli per pareti e soffitti sia di pannelli a base di legno; l’acetaldeide, oltre ad essere usata come reagente nei processi di sintesi industriali, si può trovare in tracce anche nel fumo di tabacco.

Emissioni outdoor e indoor

Ormai siamo soliti usare la parola outdoor per definire l’ambiente esterno, mentre con il termine indoor intendiamo tutti quegli ambienti non industriali che sono adibiti a dimora, svago, lavoro e trasporto, includendo quindi in questa definizione gli uffici pubblici e privati, le strutture comunitarie (scuole, ospedali, banche, alberghi, ecc.) e quelle destinate ad attività sociali (ristoranti, strutture sportive, cinema, ecc.), i mezzi di trasporto pubblici e privati e, ovviamente, le nostre case.

Numerose indagini sugli stili di vita delle persone hanno attestato che la maggior parte del tempo viene passato in ambienti confinati. Se 20 anni fa la popolazione passava in media solo il 10-12% del tempo all’aperto, ora arriva a passarne anche solo il 5-6%. Inoltre vari studi hanno dimostrato che gli inquinanti presenti nell’aria esterna sono gli stessi presenti in quella interna, ma che la concentrazione di questi ultimi è spesso superiore: dunque siamo maggiormente esposti alle emissioni indoor rispetto a quelle outdoor.

Come abbiamo accennato nel paragrafo precedente, i VOC possono essere immessi nell’ambiente esterno e interno. Le maggiori fonti esterne sono sia di origine antropogenica sia biogenica, come ad esempio alcuni composti emessi dalle piante (soprattutto isoprene, monoterpeni e altri terpenoidi), i composti derivanti dalla decomposizione biologica della materia organica o il metano derivante dalla fermentazione che può avvenire nelle concimaie o nelle discariche. Le fonti esterne di origine antropogenica sono dovute ai gas di scarico dei veicoli, alle emissioni di solventi ad uso industriale e, in forma minore, ai fumi di combustioni di centrali termiche.

 

Industrie emissioni

Le principali fonti interne di VOC sono di origine antropogenica e provengono dai prodotti per la pulizia, dai materiali da costruzione, dagli arredi, dai cosmetici, dai deodoranti, dagli insetticidi, dai dispositivi di riscaldamento, dal fumo di sigaretta, da stampanti e fotocopiatrici, da colle, vernici, adesivi e solventi vari.

Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sulle “Strategie di monitoraggio dei composti organici volatili in ambiente indoor” spiega che è possibile fare una distinzione delle sorgenti di VOC in funzione degli andamenti nel tempo dei livelli di emissione. Generalmente le emissioni di VOC si possono distinguere in continue o intermittenti. A loro volta le prime possono essere suddivise in costanti o irregolari, mentre le seconde in ricorrenti o occasionali.

Le sorgenti continue e costanti sono quelle che generano emissioni uniformi nel tempo, come ad esempio il linoleum, il sughero, le finiture in legno oppure gli arredi che emettono formaldeide (l’emissione può durare anche alcuni anni). Le sorgenti continue ma irregolari sono invece quelle che producono emissioni che diminuiscono nel tempo: ne sono un esempio le vernici, le colle e gli smalti.

Un classico esempio di sorgente intermittente ricorrente è dato dalla cottura dei cibi, mentre i profumatori d’ambiente sono riconducibili ad una sorgente intermittente occasionale.

 

Effetti dei VOC sull’uomo

I VOC che sono immessi nell’ambiente, sia esso interno o esterno, possono rappresentare un rischio per la salute dell’uomo.

Negli ultimi decenni è aumentata sempre più l’attenzione nei confronti dell’inquinamento atmosferico e molto si è fatto in merito al controllo delle emissioni, alla riduzione o eliminazione di componenti inquinanti e all’individuazione di concentrazioni massime consentite per diverse categorie di composti. Sebbene ci si preoccupi molto dell’inquinamento outdoor, come abbiamo visto è altrettanto importante considerare quello indoor, poiché può essere responsabile dell’insorgenza di patologie o dell’aggravamento di patologie già esistenti.

L’entità dell’esposizione ai composti organici volatili negli ambienti indoor cambia in base a vari fattori:

 

  • il tasso di evaporazione dei composti organici volatili;
  • la concentrazione dei VOC;
  • la ventilazione degli ambienti;
  • il tempo di esposizione del singolo individuo.

 

Diversi studi hanno mostrato come i VOC in indoor, in presenza di fonti emissive interne e di ridotti ricircoli dell’aria, possono essere presenti in quantità addirittura 10 o 20 volte maggiori rispetto a quelli rilevati nell’ambiente esterno.

I VOC possono provocare due tipologie di tossicità:

 

  • tossicità di tipo acuto (a breve termine), che è il risultato di un’unica esposizione o di più esposizioni ripetute nell’arco di una giornata. Gli effetti comprendono mal di testa, nausea, irritazioni a occhi, gola e naso, vertigini e asma;
  • tossicità di tipo cronico (a lungo termine), che è il risultato di un’esposizione duratura nel tempo. Gli effetti comprendono (a seconda del composto che li genera) danni al sistema nervoso centrale, ai reni o al fegato.

 

È bene ricordare che non tutti i composti organici volatili presentano pericolosità specifiche per l’uomo: ne sono un esempio il metano o il propano. Altri invece sono stati addirittura classificati dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come cancerogeni: fra questi si annoverano la formaldeide e il benzene.

Nell’appendice B del rapporto dell’ISS sulle “Strategie di monitoraggio dei composti organici volatili in ambiente indoor” è possibile visionare l’elenco dei principali VOC che possono essere presenti negli ambienti interni e i relativi numeri CAS, specifici per ogni sostanza. È possibile andare sul sito dell’ECHA (European Chemicals Agency) e inserire i numeri CAS per verificare le pericolosità specifiche dei singoli composti.

Fino ad oggi sono stati condotti numerosi studi riguardanti gli effetti sulla salute in base all’esposizione alle singole sostanze chimiche, mentre sono in numero minore quelli svolti sui prodotti chimici combinati.

In tal senso la direttiva europea n. 42/2004 risulta importante perché impone una valutazione dei VOC complessivi emessi da pitture, prodotti vernicianti e per carrozzeria.

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Normative sui VOC

Negli anni sono uscite diverse normative, sia europee che italiane, in merito all’emissione di VOC. Tra le più importanti vi sono sicuramente:

  • la direttiva europea n. 42 del 2004 relativa alla “limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all’uso di solventi organici in talune pitture e vernici e in taluni prodotti per carrozzeria”, a cui è seguita l’attuazione italiana con il decreto legislativo n. 161 del 2006 e successive modifiche. Questa normativa europea ha lo scopo di ridurre l’inquinamento atmosferico derivante dai COV, poiché essi contribuiscono alla formazione di ozono troposferico. Pitture e vernici possono quindi essere immessi sul mercato solo se hanno un contenuto uguale o inferiore ai valori indicati nella direttiva e se sono etichettati in maniera adeguata (per ulteriori approfondimenti leggi il paragrafo “Limiti e dichiarazione dei COV”);
  • la direttiva (UE) 2016/2284 (che abroga la direttiva 2001/81/CE) relativa alla “riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici”, recepita dall’Italia con il decreto legislativo n. 81 del 2018, è stata emanata per conseguire livelli di qualità dell’aria che non comportino significativi rischi e impatti negativi per l’ambiente e la salute umana. Questa normativa europea stabilisce la riduzione delle emissioni atmosferiche antropogeniche di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), ammoniaca (NH3) e particolato fine (PM2,5) e impone l’elaborazione e attuazione di programmi nazionali di controllo e monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. Fino al 31 dicembre 2019 sarà possibile applicare i limiti nazionali di emissione previsti dal precedente D.Lgs n. 171/2004 che prevedeva il limite di 1159 chilotonnellate annue di COV. L’attuale decreto italiano fissa invece la riduzione delle emissioni di COVNM rispetto al 2005 del 35% dal 2020 al 2029 e del 46% a partire dal 2030;
  • la direttiva 2010/75/UE relativa “alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)”, recepita dall’Italia attraverso il decreto legislativo n. 46/2014, stabilisce norme volte ad evitare, o quanto meno ridurre, le emissioni delle attività industriali nell’aria, nell’acqua e nel terreno e la produzione di rifiuti, allo scopo di proteggere l’ambiente;
  • il D.Lgs n. 152/2006 relativo alle “Norme in materia ambientale” e conosciuto anche come “Testo Unico dell’ambiente” o “Codice dell’ambiente”, stabilisce norme in materia di tutela del suolo e delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento atmosferico, valutazione dell’impatto ambientale e risarcimento dei danni ambientali. Il decreto ha subito numerose modifiche negli anni e le ultime sono state introdotte dal decreto legislativo n. 21 del 2018.
    La parte quinta del TU si occupa di “norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera”. Entrando più nel dettaglio, il titolo I legifera su “prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività” stabilendo “i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni e i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati”. L’art. 275 si occupa nello specifico delle emissioni di COV.

Limiti e dichiarazione dei COV

Molti dei COV che abbiamo citato all’inizio di questo articolo presentano pericolosità specifiche, sia nei confronti dell’uomo che dell’ambiente. Se per taluni si è arrivati addirittura a vietarne l’uso in diversi ambiti, per tutta la categoria di composti organici volatili da anni si legifera in modo tale da limitarne le emissioni, come abbiamo visto nel precedente paragrafo “Normative sui VOC”.

Oltre ai limiti fissati per le emissioni complessive di VOC (escluso il metano) definite nel D.Lgs n. 81/2018, esistono, come abbiamo già visto, dei limiti precisi anche per le emissioni di pitture, vernici e prodotti da carrozzeria.

Secondo l’allegato I della direttiva 2004/42/CE, per pitture e vernici si intendono “i rivestimenti applicati a scopo decorativo, funzionale e protettivo su manufatti edilizi e rispettive finiture e impianti e strutture connesse”. Esse vengono suddivise in:

 

  1. pitture opache per pareti e soffitti interni;
  2. pitture lucide per pareti e soffitti interni;
  3. pitture per pareti esterne di supporto minerale;
  4. pitture per finiture e tamponature da interni/esterni per legno, metallo o plastica;
  5. vernici ed impregnanti per legno per finiture interne/esterne;
  6. impregnanti non filmogeni per legno;
  7. primer;
  8. primer fissanti;
  9. pitture monocomponenti ad alte prestazioni;
  10. pitture bicomponenti ad alte prestazioni;
  11. pitture multicolori;
  12. pitture per effetti decorativi.

 

L’articolo 4, sia della direttiva europea sia del decreto italiano, definisce l’etichettatura di queste tipologie di prodotti. Dunque essi possono essere immessi sul mercato solo se vengono indicati in etichetta:

 

  • il tipo di prodotto (come da definizione dell’allegato I) e il relativo valore limite di COV espresso in g/l (definito nell’allegato II);
  • il contenuto massimo di COV che il prodotto può contenere, espresso in g/l di prodotto pronto all’uso.

 

Esempio etichettatura VOC.jpg

La normativa delinea sia i valori limite per le varie categorie, facendo una distinzione tra i prodotti base acqua e base solvente (allegato II), sia i metodi analitici di calcolo dei COV (allegato III): ISO 11890-1, ISO 11890-2 o ASTMD 2369 nel caso in cui siano presenti diluenti reattivi nel prodotto.

In merito ai metodi analitici, ci sta a cuore sottolineare che è impossibile ottenere un’analisi che presenti un valore di VOC uguale a zero. Dunque devi diffidare di quei prodotti che presentano la dicitura “VOC zero” o “VOC free”, perché è un dato non veritiero e fuorviante. A riprova di ciò basterebbe richiedere il certificato di analisi dei VOC che attesti questo dato.

I risultati delle analisi svolte sui nostri prodotti sono visibili e scaricabili nelle singole schede prodotto.

Spesso i decreti vengono modificati nel corso degli anni e così è stato anche per il D.Lgs 161/2006 (che ha recepito la direttiva europea), il quale nel 2008 ha subito alcune piccole modifiche (D.Lgs n. 33/2008), tra le quali la sostituzione della definizione “impregnanti non filmogeni per legno” con “impregnanti per legno che formano una pellicola di spessore minimo”.

Come abbattere o ridurre le emissioni di VOC

Noi possiamo fare qualcosa per ridurre le emissioni di VOC? Ovviamente si!

Possiamo agire su più fronti, a partire dall’utilizzo dei mezzi di trasporto. Ovviamente la bicicletta è il veicolo più ecologico, ma se si decide di usare un veicolo a motore è bene ricordare che il rilascio di idrocarburi nell’atmosfera è correlato alle caratteristiche del combustibile stesso. Se il metano brucia in maniera solitamente completa, andando verso miscele via via più dense (GPL > benzina > gasolio) aumenta proporzionalmente la probabilità di rilascio in atmosfera di idrocarburi incombusti e altri composti.

 

Rifornimento carburante

Come viene indicato anche in un opuscolo del Ministero della Salute dedicato ai composti organici volatili, le attività volte alla riduzione dei VOC negli ambienti interni possono essere numerose:

  • ridurre al minimo l’uso di materiali/prodotti contenenti VOC (detergenti, profumatori d’ambiente, pesticidi, ecc.);
  • prediligere prodotti a base acqua e con bassi valori di VOC certificati;
  • seguire correttamente le istruzioni d’uso presenti sulle etichette dei prodotti;
  • ventilare adeguatamente gli ambienti, soprattutto dopo la posa di materiali da costruzione, rivestimenti e arredi;
  • fare un’adeguata e periodica manutenzione dei dispositivi di raffreddamento/riscaldamento;
  • fare un regolare controllo dei sistemi di ventilazione meccanica;
  • non fumare;
  • effettuare il lavaggio a secco degli indumenti solo quando è strettamente necessario;
  • utilizzare la cappa d’aerazione con scarico all’esterno quando si cucina;

 

Insomma, con qualche piccola attenzione in più possiamo fare tanto per la nostra salute, quella dei nostri amici animali e per l’ambiente!

 

Speriamo con quest’articolo di aver chiarito i tuoi dubbi e averti dato degli spunti di riflessione. Se hai altre domande e curiosità non esitare a scriverci!

Per approfondimenti:

 

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